
KATi HECK
The brodo
15 November 2025 - 7 February 2026
Tim Van Laere Gallery is pleased to announce The brodo, the new solo show of Kati Heck. This is the sixth solo show of Heck since joining Tim Van Laere Gallery in 2011 and her first show in our Roman space. In The brodo, Heck continues her long-standing exploration of the transformative processes that bind human, social, and emotional life. Known for her virtuosic handling of paint and her ability to merge realism with absurdity, Heck constructs a world in which tenderness and grotesque humor coexist, constantly dissolving into one another. Her practice has always moved between the theatrical and the intimate, between the instinctive gesture and the meticulously staged tableau. Here, that dynamic takes the form of a metaphorical soup, a social and spiritual broth in which everything is connected and nothing remains stable.
A drawing/collage functions as the exhibition’s abstract recipe, pairing a simple ladle with a written formula. Part instruction, part incantation, it distills Heck’s practice into its most essential gesture: the act of mixing. The piece operates like a dadaist statement, binding intuition and absurdity within a single frame. It is as if the artist were revealing her own method: not a recipe to be followed, but a process of perpetual recombination, of letting the ingredients of experience simmer until something new emerges.
The Italian word brodo (meaning broth) serves both as metaphor and method. Heck imagines society as a collective mixture, a substance in continuous transformation, where each element, whether nourishing or corrosive, affects the whole. “You can place certain ingredients into a society that make things better or worse,” she notes. “The show is about how you bring those ingredients together and make a good bouillon out of it.” Her new works present these ingredients as visual and emotional fragments: friends and acquaintances making the broth, the animals, her daughter, and herself. Each figure functions as both subject and symbol, a particle within the larger chemistry of life that Heck stirs together on canvas.
At the center of the exhibition stands a large painting depicting the people making the broth, the conceptual and visual core of the show. Its compositional rhythm and spiritual resonance draw directly from Hans Memling’s Concert of Angels (ca.1480), a work that embodies the serene harmony of Northern Renaissance devotion. In Heck’s reinterpretation, the angelic choir becomes a gathering of cooks, companions, and ingredients, a secular chorus devoted not to divine song but to the shared act of stirring, chopping, and tasting. The painting translates Memling’s celestial order into a messy human symphony, where music becomes labor, and harmony is achieved through collective effort rather than divine grace. The result is a scene that is at once chaotic and reverent, a ritual of creation grounded in the everyday gestures of care, nourishment, and coexistence.
Heck’s oeuvre introduces a whole new iconography with her own symbols and motifs, that are closely related to today’s society. Heck’s world is one in which humor and transcendence are inseparable, and the domestic becomes a site of metaphysical inquiry. Her sculptural works extend this logic into material form. In one, a record player spins a monumental soup ladle, transforming an ordinary utensil into a rotating emblem of repetition and ritual; a choreography of domestic devotion. In another, a mound of horse manure rests delicately on a bed of eggs. The sculpture is both grotesque and tender: a meditation on energy, decay, and regeneration, where waste becomes a source of life.
Kati Heck (b. 1979, Düsseldorf) lives and works in Antwerp. Trained at the Royal Academy of Fine Arts in Antwerp, she has developed a distinctive practice that bridges painting, performance, sculpture, and installation. Her works have been exhibited internationally and have been included in the collection of Center Pompidou, Paris (FR); Walker Art Center, Minneapolis (USA); Hall Art Foundation, Derneburg (DE) and Reading (VT); Fondation Antoine de Galbert, Paris (FR); M HKA, Antwerp (BE); CAC, Málaga (ES); City of Antwerp (BE); The Rachofsky Collection, Dallas (USA); the Middelheim Museum, Antwerp (BE); Museum De Domijnen, Sittard (NL); Mu.ZEE, Ostend (BE); Municipal Museum of Contemporary Art (S.M.A.K.), Ghent (BE).
Tim Van Laere Gallery è lieta di presentare The brodo, la nuova mostra personale di Kati Heck. Questa è la sesta mostra personale di Heck da quando si è unita alla Tim Van Laere Gallery nel 2011, nonché la sua prima mostra nel nostro spazio romano. Nella personale The brodo, Heck continua la sua esplorazione di lunga data dei processi trasformativi che legano la vita umana, sociale ed emotiva. Conosciuta per la sua straordinaria abilità nel maneggiare la pittura e per la sua capacità di fondere realismo e assurdità, l’artista costruisce un universo in cui l’umorismo grottesco e la tenerezza coesistono, dissolvendosi continuamente l’uno nell’altro. Da sempre la sua pratica si muove tra il teatrale e l’intimo, tra il gesto istintivo e la composizione scrupolosamente studiata. In questa mostra, tale dinamica si traduce in una metaforica zuppa, un brodo sociale e spirituale dove tutto è interconnesso e nulla è mai stabile.
Un disegno/collage funge da ricetta astratta della mostra, accostando un semplice mestolo a una formula scritta. Parte istruzione, parte incantesimo, esso distilla la pratica di Heck nel suo gesto più essenziale: l’atto di mescolare. L’opera si comporta come una dichiarazione dadaista, legando intuizione e assurdità all’interno di un’unica cornice. Sembra quasi che l’artista sveli il proprio metodo: non una ricetta da seguire, ma un processo di continua ricombinazione, in cui gli ingredienti dell’esperienza sobbolliscono fino a dare vita a qualcosa di nuovo.
Brodo, parola italiana che significa “broth”, funge sia da metafora che da metodo. Heck immagina la società come una miscela collettiva, una sostanza in continua trasformazione, dove ogni elemento, nutritivo o corrosivo che sia, influisce sull’insieme. “Si possono inserire certi ingredienti in una società che la migliorano o la peggiorano”, osserva. “La mostra esplora il modo in cui si combinano questi ingredienti per ottenere un buon brodo.” Le sue nuove opere presentano questi ingredienti come frammenti visivi ed emotivi: amici e conoscenti che preparano il brodo, gli animali, sua figlia e se stessa. Ogni figura assume il doppio ruolo di soggetto e simbolo, una particella nella più ampia chimica della vita che Heck mescola sulla tela.
Impegnate nella preparazione del brodo, le figure ritratte animano un grande dipinto che costituisce il vero fulcro concettuale e visivo della mostra. Il ritmo compositivo e la risonanza spirituale del dipinto si rifanno direttamente al Concerto degli angeli di Hans Memling (ca. 1480), opera che incarna la serena armonia della devozione del Rinascimento Fiammingo. Nella reinterpretazione di Heck, il coro angelico si trasforma in un raduno di cuochi, compagni e ingredienti, un coro secolare devoto non al canto divino, ma all’atto condiviso di mescolare, affettare e assaporare. Il dipinto traduce l’ordine celeste di Memling in una disordinata sinfonia umana, dove la musica diventa lavoro e l’armonia si raggiunge attraverso lo sforzo collettivo, piuttosto che per grazia divina. Ne nasce una scena al contempo caotica e riverente, un rito creativo radicato nei gesti quotidiani di cura, nutrimento e convivenza.
Popolata da simboli e motivi strettamente legati alla società contemporanea, l’opera di Heck introduce una nuova iconografia. Il suo universo è caratterizzato da un intreccio inseparabile di umorismo e trascendenza, dove il quotidiano si trasforma in uno spazio di indagine metafisica. Le opere scultoree dell’artista estendono questa logica in forme materiali. In una di esse, un giradischi fa ruotare un monumentale mestolo da minestra, trasformando un utensile ordinario in un emblema rotante di ripetizione e ritualità; una coreografia di devozione domestica. In un’altra, un cumulo di letame di cavallo giace delicatamente su un letto di uova. La scultura è al contempo grottesca e tenera: una riflessione su energia, decadimento e rigenerazione, in cui il rifiuto si trasforma in fonte di vita.
Kati Heck (1979, Düsseldorf) vive e lavora ad Anversa. Formata presso la Royal Academy of Fine Arts di Anversa, ha sviluppato una pratica distintiva che unisce pittura, performance, scultura e installazione. Le sue opere sono state esposte a livello internazionale e fanno parte delle collezioni di importanti istituzioni come Centre Pompidou di Parigi (FR); Walker Art Center di Minneapolis (USA); Hall Art Foundation di Derneburg (DE) e Reading (VT); Fondation Antoine de Galbert, Parigi (FR); M HKA, Anversa (BE); CAC, Málaga (ES); Città di Anversa (BE); Rachofsky Collection, Dallas (USA); Middelheim Museum, Anversa (BE); Museum De Domijnen, Sittard (NL); Mu.ZEE, Ostenda (BE); Museo Municipale di Arte Contemporanea (S.M.A.K.), Gand (BE).